Pietro Pucci, Ordinario di Biochimica, Università di Napoli e CEINGE Biotecnologie Avanzate
"Meccanismi molecolari del morbo di Wilson"
La determinazione della sequenza dei genomi di vari organismi, incluso quello
dell’uomo, ha paradossalmente contribuito ad un rinnovato interesse per lo studio delle
proteine. La moderna ricerca biologica in questo campo utilizza però una filosofia
globale che contrappone al classico studio in dettaglio di una singola proteina, l’analisi
su larga scala di migliaia di proteine simultaneamente inserite nel loro contesto
biologico dando origine alla cosiddetta “era proteomica”. Tuttavia, il livello di
complessità aumenta di vari ordini di grandezza nel passare dallo studio del genoma a
quello del proteoma. Quest’ultimo infatti rappresenta una collezione dinamica di
proteine differenti da individuo ad individuo, da cellula a cellula e che possono
notevolmente variare in corrispondenza di stimoli, interni od esterni.
Gli studi di proteomica sono indirizzati verso due aree principali, la proteomica di
espressione che tende alla comparazione dei pattern di espressione proteica nelle cellule
in varie condizioni sperimentali e la proteomica funzionale volta alla definizione dei
meccanismi molecolari dei processi intracellulari. Questi studi hanno modificato in
modo radicale il nostro modo di intendere l’universo delle proteine. In particolare,
abbiamo compreso che i meccanismi fondamentali nella vita cellulare, il traffico
intracellulare, le vie di trasduzione del segnale etc, vedono la partecipazione di una
moltitudine di proteine che si assemblano in modo rapido e transiente a formare grandi
complessi funzionali che poi dissociano liberando singoli componenti proteici. Una
singola proteina può assemblare con partners diversi a costituire complessi funzionali
diversi, ognuno dotato di una propria specifica funzione biologica. Ne consegue che una
proteina può possedere una sola attività ma molte funzioni biologiche.
I complessi proteici coinvolti in specifici processi cellulari possono essere
descritti a livello molecolare utilizzando approcci di proteomica funzionale. I complessi
di interesse vengono isolati mediante immunoprecipitazione della proteina bersaglio
(esca) da un lisato cellulare. I componenti proteici sono quindi frazionati mediante SDSPAGE,
digeriti in situ con tripsina e identificati mediante metodologie di spettrometria
di massa integrate con ricerche in database di proteine.
Questo approccio è stato utilizzato per lo studio del traffico intracellulare del rame
ed in particolare per definire il ruolo della proteina ATP7B nei processi fisiologici e
nella patologia nota come Sindrome di Wilson. Diversi processi fisiologici dipendono
dal trasporto corretto e tempestivo del rame da parte di varie proteine, tra cui ATP7B
gioca un ruolo fondamentale. Infatti, sebbene il rame sia essenziale per la salute umana,
in quantità che superano i bisogni cellulari è altamente tossico e il suo livello
intracellulare deve essere tenuto sotto stretto controllo.
La presenza di mutazioni nel gene codificante per ATP7B, responsabili del
malfunzionamento o dell’assenza della proteina, è associata a disturbi genetici, come la
malattia di Wilson, che coinvolge un disturbo dell'equilibrio omeostatico, con
conseguente accumulo di rame intracellulare.
I risultati ottenuti hanno contribuito a delucidare i meccanismi molecolari del
traffico di rame intracellulare mediato da ATP7B dimostrando che tale proteina
trasporta Cu dal Golgi all’interno dei lisosomi ed in presenza di un eccesso di rame
consente la traslocazione dei lisosomi verso la superficie canalicolare degli epatociti
inducendo il rilascio di rame mediante un meccanismo di esocitosi. Quando ATP7B è
mutata (H1069Q), la proteina è ritenuta nel compartimento ER compromettendo la sua
traslocazione da questo compartimento ai lisosomi ed alla membrana plasmatica.
Questo evento induce un forte stress nella cellula con conseguente attivazione dei
pathways delle chinasi p38 e JNK che determinano la degradazione della proteina
mutata con conseguente accumulo di rame intracellulare. L’inibizione farmacologica di
queste due vie consente di reindirizzare l’ATP7B mutante dal Reticolo Endoplasmatico
alla via secretoria, portando al ripristino del giusto livello di rame nella cellula.
Questi risultati suggeriscono che p38 e JNK potrebbero rappresentare due nuovi
bersagli terapeutici nel trattamento di pazienti con malattia di Wilson.
La conferenza si terrà presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Tor Vergata, via Montpellier 1 (aula Fleming).